L'iter di realizzazione del Teatro Camploy è stato lungo e complesso, durato 16 anni, dal 1982 al 1998 con alcune battute d'arresto. Ma grazie all'Architetto Rinaldo Olivieri siamo arrivati ad un teatro nuovo e splendido che unisce in felicissima sintesi una struttura ottocentesca alle più ardite esperienze dell'architettura moderna, coniugando funzionalità ed eleganza.Un nuovo teatro che esprime la sua spazialità e il disegno planimetrico nella continuità delle tradizioni dell'architettura teatrale veneta di cui l'Olimpico di Vicenza e il Teatro Romano di Verona sono tra gli esempi più significativi. Sull'esterno viene deciso il massimo recupero possibile della struttura preesistente: viene ripresa la facciata e la parete est verso Porta Vescovo e parte dell'abside, tutto in una composizione improntata a una semplicità e a un rigore quasi francescano. All'interno con grande libertà espressiva viene data la massima attenzione alla qualità dello spazio come unica espressione architettonica. E' orchestrata la composizione su diagonali e asimmetrie che dilatano lo spazio reale permettendo al fruitore una messa in scena che inizia già entrando nel foyer del teatro
La cavea viene giocata su una enorme conchiglia sospesa la cui valve si appoggiano solo con lievi contatti alle vecchie pareti trattate con un morbido intonaco ambrato che permette di leggere le connessioni tra i vecchi mattoni. Un sobrio volume bianco minimalista armonicamente in sintonia con la le strutture preesistenti, sul quale si affacciano in singolare contrapposizione alcuni elementi tecnologici.
Straordinaria risulta la convivenza di antico e moderno delle rettilinee murature con la dinamica e morbida linea del guscio e ancora la dialettica dei materiali: la porosità dei sassi contro la levigatezza del guscio in gesso, la scabrezza delle vecchie murature contro la lucentezza dei pavimenti in marmo.
Nella ricchezza di elementi che animano lo spazio importante risulta anche l'intervento pittorico di Sergio Piccoli con i suoi magici cieli che variano dai toni rosati del tramonto a quelli più accesi dei rossi ed arancioni e ai blu profondi della notte
Siamo affascinati dalla cavea, dal grande palco, dalle ampie volte che si muovono come onde, sotto un cielo colorato incontrando nudi ciottoli. Un'emozione che ci viene confermata dalla meraviglia a dall'apprezzamento di chi si accosta per la prima volta a questo teatro.
Cenni Storici:
Il recupero architettonico e il conseguente utilizzo culturale del Camploy ha valorizzato un percorso della memoria urbana di Verona che ha visto quell'edificio prima innalzato come Chiesa di S. Francesco D'Assisi, poi ospitare il collegio degli Artigianelli per poi divenire asilo notturno denominato Camploy dal nome del suo donatore al Comune di Verona. Nelle ricerche degli storici veronesi la chiesa di S. Francesco non ha posto perché il valore intrinseco dell'edificio risulta nullo, spesso i nomi di S. Francesco e S. Marta vengono confusi e la chiesa si sdoppia come denominazione in un tempio scomparso in via Collegio degli Artigianelli ed uno sconsacrato in via Cantarane, all'angolo con vicolo Madonnina. Oggi rimane il nome di S. Marta solo alla caserma e alla via perpendicolare a via Cantarane. Già negli elenchi del catasto napoleonico del 1802 risulta solo la parte conventuale demolita per lasciare spazio ad edifici di sussistenza militare, dato che la zona è in prossimità delle mura e del campo Marte. Probabilmente la chiesa e il monastero di S. Marta furono soppressi a seguito dell'eliminazione di ordini religiosi ed abbazie da parte dell'esercito di Buonaparte. In seguito intervennero i frati cappuccini, che abbandonarono il complesso di S. Marta all'autorità militare e deliberarono di erigere la chiesa di S. Francesco nel 1854 che fu poi ultimata nel 1863 e abbandonata immediatamente nel 1867, a causa della legge del 1866 che passò al Comune l'edificio.Da qui iniziò l'inserimento di S. Francesco nel circuito dell'assistenza pubblica veronese, nel 1869 si installò il collegio degli Artigianelli che vi restò fino alla prima guerra mondiale quando l'edificio venne occupato come altri complessi conventuali abbandonati da indigenti e diseredati fino al 1924.
Rimasti gli edifici inutilizzati per anni, furono poi sistemati per accogliervi l'asilo notturno Camploy trasferito da piazza Isolo. Il nome deriva da Giuseppe Camploy (1794 - 1890) che donò il suo cospicuo patrimonio al Comune di Verona a beneficio di quanti indigenti necessitassero un ricovero per la notte. Ed è curioso pensare che lo stesso Camploy fu proprietario del teatro S. Samuele a Venezia e impresario teatrale a Verona quasi fosse già destinata nel futuro una vocazione teatrale all'edificio.
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