PRODUZIONI

Lucia nel bosco con quelle cose lì
autore:Francesca D'Este
compagnia:
tipo:professionale
regia:Francesca D'Este
anno:2010
attori:Simonetta Dadamo e Francesca D’Este e con Elisabetta Rosso
descrizione:Una bambina che non vorrebbe chiamarsi come si chiama, e neanche avere l’età che ha, molto molto orgogliosa della sua potente e bellissima mamma e imbarazzata da un babbo, un po’ afasico e un po’ misterioso. Un babbo che una volta neanche lui aveva quel nome lì che ha adesso, perché viene da un’altra città, da dove è dovuto fuggire. Che ci va a fare nel bosco? E cosa sono quelle cose che porta a casa? E perché non va d’accordo con la mamma? Mica se le fa Lucia, queste domande. Ce le facciamo noi, a sentire il racconto di Lucia, che – essendo una bambina – ci dipinge le cose come le vede lei. Ne viene fuori un quadro ben dipinto ma forse un po’ inquietante, dove a fatica, si ricongiungono opposti. Peter Handke scrive una storia per sua figlia, e ne viene fuori una piccola riflessione sul malessere causato agli innocenti quando si passa, per motivi politici o ideologici, da un clima di armonia a uno di odio e di diffidenza – un po’ come sarà successo ai bambini bosniaci o del Rwanda di fronte alle incomprensibili e improvvise rivendicazioni etniche degli adulti. Lucia non comprende come nasca questa follia collettiva. Guarda il mondo e costruisce la sua fiaba. Avevo in mente questo testo da tempo e mi piaceva per la sua ambiguità: una situazione irregolare senza che mai venisse detto chiaramente perché. Ed è evidentemente il punto di vista di chi non capisce, di chi deve ricostruire una realtà percepita per frammenti. Nel clima sociale di intolleranza dilagante in cui viviamo, generato da mille motivazioni diverse, non solo razziste, mi è sembrato che questo testo mostrasse il malessere degli innocenti e delle nuovissime generazioni, che di questa intolleranza rischiano di fare le spese. Non finirò mai di ringraziare il mio gruppo di lavoro: la loro disponibilità, in tempi di crisi, è stata fuori dal comune. Francesca D’Este Non c'è storia che si possa progettare in anticipo. Grazie a Dio. E non c'è storia che si racconti da sola. Purtroppo. Peter Handke

La Vera Storia di Hansel e Gretel
autore:Francesca D’Este
compagnia:
tipo:professionale
regia:Francesca D’Este
anno:2010
attori:Francesca D’Este
descrizione:Una storia nota, ma non tra le più tradizionali – anche perché non è mica piacevole raccontare ai propri figli di genitori degeneri che mollano i figli nel bosco. Un’attrice che fa tutti i personaggi e tutte le voci, seduta su una sedia – tranne quando arriva il ciccionissimo Pao Pao, con baffi da gatto, orecchie da topo, naso da cane e vista da talpa. Lì bisogna proprio alzarsi in piedi! Emozioni che spaziano dalla paura, al riso, allo stupore. Naturalmente una morale: assaggiando si impara. Ne La vera storia di Hansel e Gretel la struttura della fiaba originale viene mantenuta, ma il viaggio di crescita di Hansel e Gretel si trasforma anche nella scoperta di alimenti diversi. I due protagonisti assaggeranno, a volte con entusiasmo a volte con circospezione, cose che mai avevano visto prima - arance, pesce, alcune verdure (le arance non crescono nel bosco… ma neanche “nel negozio” come ha risposto un bambino) con tutte le reazioni del caso, che ogni genitore conosce bene, fin dalla loro più tenera infanzia. Hansel e Gretel dovranno districarsi tra il colore e la consistenza ributtanti della nutella (“è cacca!”), e il suo piacevole profumo. La vivacità del racconto e la continua interazione con i bambini, cui la narratrice rivolge richieste e domande, creano un ascolto attivo, quasi una partecipazione nella narrazione; i bambini (e i genitori con loro) riflettono e ridono di loro stessi. Perché lo sanno benissimo quali sono i loro rispettivi vizi e capricci! e si vedono rispecchiati nei due protagonisti. “Il racconto è nato per i bambini, cui l’ho raccontato per un anno nelle scuole. Piano piano ha raggiunto una forma che utilizzava meccanismi comici e del racconto che lo rendevano efficace e comunicativo come volevo. Non è stato facile. I bambini si dice siano un pubblico difficile: perché o sei onesto nel comunicare, o non nascondono per educazione gli sbadigli. Ed è stata una felice sorpresa, alla fine, scoprire che anche i genitori che li accompagnavano si divertivano e ridevano come i loro figli.” Francesca D’Este

MARE MIO
autore:Antonino Varvarà
compagnia:
tipo:professionale
regia:Antonino Varvarà
anno:2009
attori:Sara Bettella, Daniel De Rossi, Demis Marin, Antonella Tranquilli
descrizione:mare, da bambino, andavo come a una festa. Eppure ne avevo paura. In quel mare, da adolescente, stavo annegando. Davanti a quel mare dichiarai il mio primo amore. Quel mare guardavo a Trapani - seduto sulla rena - tutte le volte che ero triste. E quel mare m’insegnò a riconoscere i venti: la tramontana che gonfia le onde e le colora di marrone, il maestrale che le increspa, quasi prendendole a pizzicotti, ma le lascia azzurre, lo scirocco che le rende furiose, facendole rotolare l’una sull’altra. E’ il mio mare, il mare di mio padre e di mia madre, esso stesso padre e madre per me, padre e madre per i mie avi. E’ questo Mediterraneo di memoria, di sogni e di inquietudine che vorrei raccontare. Un mare che mi pone di fronte alla Storia, e davanti al quale io sento riaffiorare la storia. Che mi permette di intrecciare Antico e quotidiano, Eroi e gente comune, Mito e vicende di uomini mortali. Il Mediterraneo che è dentro ognuno di noi e che sa di mistero, che spinge a cercare per trovare risposte, che esorta a partire per desiderio di provarsi. E’ il mare agitato di Andrea, protagonista dello spettacolo, che - novello Ulisse dantesco – vuole andare “oltre la piazza e la campagna in primavera, oltre la primavera”, pur sapendo che “lontano è il mare che si congiunge al cielo, lontano assai…” Antonino Varvarà

STORIE A CICHETI
autore:Francesca D’Este
compagnia:
tipo:professionale
regia:Francesca D’Este
anno:1993
attori:Francesca D’Este, Cristiano Rossetto, Gaetano Ruocco Guadagno
descrizione:Lo spettacolo è costituito da una collezione di fiabe e leggende venete tratte dalla tradizione orale, pubblicate in dialetto veneto da varie case editrici, tra cui la Filippi di Venezia. Si passa dai racconti di stregarie, a quelli sulle punizioni inflitte dai morti ai parroci miscredenti; si narra di come taluni siano riusciti a far fesso il Diavolo, e di come altri siano riusciti a gabbare perfino Domineddio. Storie strane e storie truci, ma tutte sapientemente virate al riso. La narrazione avviene in un dialetto veneto addomesticato e utilizzando i meccanismi sia della comicità delle maschere (essenzialmente fisica), sia della comicità moderna, più verbale, ricca di giochi di parole, slittamenti di senso, riferimenti alla realtà. Alcuni dei racconti sono fatti da un unico narratore, e sono dunque più tradizionali nella forma; altri sono raccontati dai tre attori insieme che però – quando serve – si trasformano in tutti i personaggi (alle volte scambiandosi i ruoli, e creando quasi una piccola scena teatrale), senza che venga mai perso il filo della narrazione, generando una forma comica nuova ma rispettosa dei contenuti. L’intento era di mescolare tra loro meccanismi diversi per rendere ‘appetibile’ anche ai palati moderni i contenuti di una tradizione popolare che attualmente è gradita o conosciuta solo da una minoranza di esperti o specialisti. Nello spettacolo vengono affrontati tre tipi di racconto tradizionale: - le storie di stregarie, e quelle di punizioni esemplari direttamente dal Paradiso a chi metteva in dubbio l’esistenza di Domineddio, con gli esiti comici di tali punizioni. Sono i racconti generazionali che costituivano le conoscenze comuni dell’epoca, gli antesignani delle leggende metropolitane, cui tutti credono, nonostante l’assurdità dei fatti; - le fiabe, poi utilizzate da autori colti, la più famosa delle quali proposta nello spettacolo è la fiaba dell’Augellin Belverde, utilizzata da Gozzi; - le storie di ‘filologia popolare’, ossia i racconti tradizionali che giustificano alcuni toponimi e modi di dire veneti. Gli attori sono vestiti con abiti popolari della fine del Seicento, realizzati dallo Studio Vacchetta su cartamodelli originali. Sono presenti un pescatore, una donna del popolo, il servitore di una casa patrizia. E’ questo l’unico elemento scenico, nonché unico riferimento storico al periodo di origine dei racconti. Lo spettacolo, infatti, essendo basato sui meccanismi comici che crea l’attore, è stato presentato con efficacia immutata anche in normali abiti quotidiani. Francesca D’Este